La strada gli sta stretta e così pure la classica panchina, i cantieri e il bar sotto casa, la moglie i figli e i nipotini. Il pensionato nell’era di internet si divide ossessivo tra siti web e pagine social. Pare non stancarsi mai: scrive, commenta, cala sul campo le sue faccine, rilascia giudizi trancianti ostentando una finta saggezza da vita vissuta.

Si reputa colto, un fine polemista, un osservatore attento della realtà. Lo puoi leggere ovunque, è sempre in agguato nell’agone virtuale, su qualunque argomento dice la sua. Ma è con la politica che si arrovella, riattivando antiche pulsioni.

Il tempo libero non gli manca. Ed eccolo dunque destreggiarsi in rete compulsivo ad ogni ora del giorno, agile come un millennial tra migliaia di bytes di slogan vuoti ed improperi. Eccolo incunearsi nelle linee nemiche con l’aria di sfida del guastatore e con in tasca una maschera e una dose di fiele.

Ostaggio di un’epoca che non gli appartiene, è in fin dei conti un uomo solo. Un uomo banale in mezzo a tanti, troppi, e quasi sempre indifferenti. Ma lui insiste, monotono, pensando di poter lasciare un segno, ritagliarsi uno spazio, recitare la parte, cercando una sponda che però raramente trova. E più l’altro gli fa spallucce più egli persevera e rilancia. Fino a provocarne lo sfinimento. O un sentimento inaspettato di pietà.

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