Sulle ultime tragedie leggo commenti beceri e qualunquistici. E non parlo della cloaca che ammorba l’etere digitale. Fuor di metafora, leggo ovunque merda.

Sulle ultime tragedie leggo commenti beceri e qualunquistici. E non parlo della cloaca che ammorba l’etere digitale. Fuor di metafora, leggo ovunque merda.
La morte altrui come strumento di emersione del proprio ego: quelli che dal ricordo di un momento di vicinanza col defunto traggono spunto per parlar di sé.
Ed eccomi a pormi domande retoriche, come ad ogni rientro, sul perché di una deriva senza fine, mentre osservo gli squarci di squallore cittadino.
Un giro di basso, un arpeggio di chitarra ed ecco il refrain, melodioso ed avvolgente: questa vita è uguale a Charles le Beau. Tra sogno e psicanalisi.
Nella piazza virtuale ogni freno viene meno. Un uso consapevole della rete importa necessariamente che si riconoscano i nuovi scemi del villaggio virtuale.
Portammo indietro le lancette, inondati da fiumi di luci e colori nella corrente di Times Square. Vapori dalle grate come nebbia disegnavano visioni.
Identità nascoste. Mi vedevo riflesso allo specchio con un camice indosso, mentre la biblioteca di ponderosi tomi mi franava alle spalle.
Osservavo i volti scuri e tristi dei miei pazienti, immolati sull’altare spoglio della giustizia, la loro carne debole, i tormenti visibili a occhio nudo.
La dama dall’occhio di vetro mi osservava di traverso come una gioconda senz’anima. Mi finsi assente per sottrarmi al suo sguardo…