Un po’ mi fanno tenerezza. Sono in tanti e sono animati da sentimenti variegati e misti che, in nome dell’onestà e di altri feticci, la ragione ha interpretato come voglia di cambiamento. Prepotente, ineluttabile. Vorrò però vederli alla prova dei fatti, i loro giovani e incontaminati rappresentanti della nuova rivoluzione borghese. Quando la realtà presenterà ancora una volta il conto, senza la retorica un po’ cazzona di questi giorni di ribalta emotiva. Sia ben chiaro: quella stessa realtà, prima d’ora manifestatasi in modi e forme più o meno brutali, ha già decretato fallimenti e disastri, eliminando ogni possibile remora al cambiamento stesso. Ma vorrò vedere come i nuovi interpreti sapranno marcare la differenza, nei gangli marci della capitale più che altrove, orientandosi nel dedalo oscuro della macchina amministrativa, tra emergenze ordinarie e vincoli di bilancio, paletti e veleni, nella lotta quotidiana per la sopravvivenza. Pollice verso, soccomberanno.

O forse no.

Forse si faranno essi stessi sistema, omologandosi alle logiche di conservazione dell’esistente. Fino a quando un altro vento di cambiamento e una nuova retorica un po’ cazzona non li spazzeranno via.

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