Un po’ mi fanno tenerezza. Sono in tanti e sono animati da sentimenti variegati e misti che, in nome dell’onestà e di altri feticci, la ragione ha interpretato come voglia di cambiamento. Prepotente, ineluttabile. Vorrò però vederli alla prova dei fatti, i loro giovani e incontaminati rappresentanti della nuova rivoluzione borghese. Quando la realtà presenterà ancora una volta il conto, senza la retorica un po’ cazzona di questi giorni di ribalta emotiva. Sia ben chiaro: quella stessa realtà, prima d’ora manifestatasi in modi e forme più o meno brutali, ha già decretato fallimenti e disastri, eliminando ogni possibile remora al cambiamento stesso. Ma vorrò vedere come i nuovi interpreti sapranno marcare la differenza, nei gangli marci della capitale più che altrove, orientandosi nel dedalo oscuro della macchina amministrativa, tra emergenze ordinarie e vincoli di bilancio, paletti e veleni, nella lotta quotidiana per la sopravvivenza. Pollice verso, soccomberanno.
O forse no.
Forse si faranno essi stessi sistema, omologandosi alle logiche di conservazione dell’esistente. Fino a quando un altro vento di cambiamento e una nuova retorica un po’ cazzona non li spazzeranno via.
Speriamo per noi che se la cavi il nuovo sindaco. Avevamo questa volta davvero scarsa scelta.
Me lo auguro, non sono tra quelli che siedono sulla sponda del fiume, come mi ha scritto un giovane ed entusiasta amico. Ma altro è essere realisti.
Caro Jack,
io sulla sponda del fiume mi ci soffermerei e non per aspettare che qualcuno passi ma per godermi “uno scenario più ampio”.
Non sono attore di politica ma della mia vita sì, e qualche volta non mi spiace essere anche spettatore di un mondo che “prigioniero è”, dove tutto potrebbe essere meravigliosamente diverso.
A me piace ancora sognare le cose belle di questa vita, come abbiamo sempre fatto da bambini e realizzare quanto possibile.
Ciò in cui non riusciamo non la vedo come una sconfitta ma un invito a provarci di nuovo, un acconto “su cosa fare meglio domani”.
Come accenna Rachel, la verità è che abbiamo bisogno di cambiare, per cambiare bisogna scegliere qualcosa di nuovo, di diverso e al di là di come sono andate le cose, la scelta era davvero poca.
Speriamo, davvero unica e diversa, di sicuro, nessuno si aspetta che siano santi.
L’albero è vecchio, storpio da troppo tempo, difficile che pochi giovani rami possano ormai raddirizzarlo ma forse, con astuzia e l’aiuto del vento, tra qualche centinaio di anni, chissà… sempre che resti qualcosa di questo Pianeta.
Caro Gianni, tu sei sempre stato un inguaribile ottimista.