Per molti anni ho continuato nella mia mente a raffigurarmi con la faccia del bambino che era in me. Mentre gli anni passavano e nel fisico tradivo cambiamenti inesorabili, l’immagine di quel fanciullo sopravviveva inalterata al tempo, con lo sguardo sornione e sereno, la compostezza e la fantasia, l’innocenza e la fragilità di uomo in divenire. Ad ogni risveglio mi salutavo allo specchio con l’orrore inatteso della trasformazione, come un Dorian Gray senza tela e decadente, impietoso dipinto riflesso nella realtà ma nascosto nell’anima.
Quel bambino ora appartiene al passato, tornato ad essere ritratto su una foto in bianco e nero, ricordo lontano e sbiadito. Ma, di tanto in tanto, ritorna a farmi visita, con il suo “tinnulo squillo come di campanello”, ad impedirmi di invecchiare dentro.

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