Ho sempre avuto la tendenza (che con gli anni si è tradotta in cifra del mio personale rapporto con le cose della vita) a sottoporre a controllo e revisione critica ogni fatto, notizia, opinione, a metterne in dubbio fondamento e veridicità, a prescindere dall’ambito di riferimento, dall’appartenenza, dallo spessore dei contenuti ovvero dall’autorevolezza della fonte. Tendenza in parte connaturata al mio patrimonio genetico di derivazione paterna, in parte (in buona parte) diretta conseguenza del tipo di educazione ricevuta e delle scelte – di studio e professionali – successive.
Ciò ha fatto di me non una cattiva persona (posso dirlo, ora, dopo aver sottoposto anche me stesso a revisione!), ma una persona diffidente sì, a tratti scorbutica, spesso intollerante verso chi dimostri di non adottare il medesimo metro: anche con le persone più care, anche con chi, cioè, meriterebbe una dazione gratuita di fiducia. Figurarsi con gli altri.
Con gli altri è rifiuto e respingimento, tanto più netto quanto più evidente è lo scostamento dalla mia idea di rigore, fino alla definitiva loro consacrazione quali stupefacenti interpreti della stagione dell’approssimazione. Ne faccio persino classifiche.
Questa era la premessa, qualcosa di personale, e ve ne starete forse domandando la ragione. Ecco, non ce n’è una. E’ che oggi ho operato una serie di epurazioni: persone escluse dalla mia pur rarefatta vita “social” sol perché ritenute incompatibili con la mia cifra.
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