Dišnik è un piccolo villaggio di pastori e contadini a 30 km a Sud di Bjelovar, in Croazia. Lontano dalla costa e dai frastuoni di una falsa modernità indotta dal turismo, immerso nel verde di querce secolari e faggi, sembra un luogo sbucato dal passato. Vi abita gente semplice, di una semplicità che confonde ed avvicina. Quest’anno i campi hanno dato un buon raccolto. I granai sono pieni per l’inverno. I vicini si congratulano con “baka” Milka, la sua scrofa ha dato alla luce sette teneri porcellini. Nel cortile di casa si ritrovano a bere grappa di prugna, la micidiale “rakjia” dell’amico Rade, quella che fa cantare in coro. E via con gli applausi. La nonna al centro, col sorriso bonario di chi la sa lunga. Per una sera, le galline rientreranno più tardi. E così i tacchini. Ve n’è uno tanto grosso da non reggersi sulle zampe. Non arriverà a Natale.

A Dišnik si conoscono tutti. La guerra non li ha mai sfiorati. La vita del villaggio scorre da secoli tranquilla. Cattolici ed ortodossi insieme a mietere il grano e raccogliere le patate. E a festeggiare sposi. Come l’altro anno, con Igor e Marina. Secondo rituali antichi come la terra. Branko prese il fucile da caccia e mirò la mela rossa nascosta tra i rami del grande albero. Con parenti ed amici in corteo dalla promessa in trepidante attesa. Non si andava in chiesa senza quel frutto sacrificale. Il primo colpo fu una pioggia di foglie e tutti a ridere e a prendersi beffa del falso cacciatore. Il secondo centrò la mela, simbolo del peccato. Ora lo sposo poteva baciare la sposa.

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