Mi pare di scorgerlo, dietro il profilo di una città vorace e crudele, il volto malinconico di un uomo deluso dalla vita ma ancora capace di non arrendersi, la sua fierezza, che è d’animo e di ideali, che ne svela le origini, l’amore testardo per la scienza, quello infinito per la moglie.
Antonio Meucci, da San Frediano, di famiglia povera. Una vita contro il tempo.
E’ il 1° maggio 1850 quando il veliero Norma, salpato da l’Avana, raggiunge la baia di New York, carico di speranze. La città americana è già patria delle libertà e dei commerci, così come della ricchezza che fa la differenza, cambiando i destini degli individui.
Meucci vi sbarca per continuare un’opera e coltivare un sogno, nella terra delle opportunità. Avrebbe conosciuto la sconfitta. E la povertà. In Europa sono anni di moti, di grandi passioni e di cambiamenti. Sono anni di emigranti e di esuli, anime desolate in cerca di pace o di riscatto. Dalla sua casetta di Staten Island Meucci viene a sapere del suo arrivo. La Waterloo è appena attraccata ed in città fervono i preparativi per l’accoglienza. Come si conviene ad un grande della patria. Decide di offrire un tetto ed un lavoro all’italiano. Sarà ospite a casa ed aiutante nella fabbrica di candele. Vi resterà come un docile leone in gabbia. Poi ripartirà. Meucci lo ricorderà per tutta la vita. A lui, nel dicembre del 1859, spedirà in dono una cassa con diversi oggetti, tra cui due candele ottenute mescolando cera di tre colori: il bianco, il rosso, il verde. Quell’amico illustre si apprestava alla spedizione dei Mille.
Era il Generale Giuseppe Garibaldi.
Persone uniche e inimitabili. Solo qualche giorno fa ho seguito una interessante puntata di Angela su questa vicenda. Forse anche tu hai fatto lo stesso.
avendo scelto di cancellare il tasto “1” del mio telecomando, accade purtroppo che anche programmi interessanti sfuggano alla mia visione.
Hai surclassato le mie vette di integralismo televisivo.