Quando l’attesa si fa stancante, mi diverto ad osservare le facce delle persone che ho di fronte e ad immaginarle in vesti diverse, nei panni a ciascuna più congeniali. Il cancelliere di oggi è il titolare di una antica sartoria, con il metro di colore giallo attorno al collo ed un gessetto bianco tra le mani. Forbici, spille, cotone e tessuti di lana sul banco di legno scuro, il giornale radio della Rai in sottofondo. Fuori piove, magari diluvia, persone si accalcano davanti al suo negozio, clienti o forse solo passanti in cerca di un riparo temporaneo, ma nulla potrà scomporre o distogliere faccia da sarto dal gesto ripetitivo. Forse solo un caffè.
3 Commenti
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La tua faccia invece la vedrei benissimo dietro un banco di dolciumi, con tanti bambini golosi intorno.
la tua invece dietro un banco da laboratorio chimico, con tante sofisticate attrezzature intorno, mentre è intenta a portare a termine un esperimento che condurrà alla scoperta di un nuovo vaccino (ma non so dirti quale).
Dopo la laurea mi ero iscritta a medicina. Poi, lontanissima dalla sede, impossibilitata a frequentare e lavorando, ad un certo momento mi sono dovuta arrendere. Se fossi arrivata alla fine mi sarei specializzata in neuropsichiatria infantile e avrei lavorato sul campo, con materiale vivo. Ma anche l’immagine della ricerca di laboratorio, per certe caratteristiche della mia personalità, non me la sento tutto sommato estranea (e soprattutto per la mia intrinseca cattiveria che gioirebbe nel lavorare alla produzione di cose che fanno crescere bambini autistici).