E poi ci sono quelli che utilizzano la morte altrui come strumento di emersione del proprio pavoneggiante ego, quelli che distolgono l’attenzione dalla bara nell’ora del commiato e dal ricordo di un fugace e trapassato momento di vicinanza col defunto traggono spunto per parlar di sé, delle loro mirabolanti gesta, modificando ad libitum l’ordine di rilevanza dei ricordi (e delle persone) e così ignorando la regola elementare in base alla quale ciascun morto è innanzitutto – a tacere dunque del passato e della memoria che egli tramanda – protagonista unico del proprio funerale. Si può solo augurare a costoro che, quando sarà anche per essi giunto il fatidico momento, vi saranno altri che si ricorderanno almeno per pietà di rendergli l’ultimo saluto.

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