Come un freddo chirurgo, le cui mani si muovono a memoria, insinuandosi con distacco nella carne nuda e debole. Così mi immaginavo, mentre un anodino cameriere portava in tavola straccetti di chianina e, un brindisi dopo l’altro, nel giorno di festa, la mia mente passava in rassegna le possibili implicazioni di una meta che era, insieme, punto di partenza. Nella stagione della autodeterminazione, iniziai presto ad adoperare i ferri del mestiere con la condotta un po’ spavalda di chi si crede un invincibile guaritore. Era la stagione dei fuochi in aria, delle presunzioni. Mi sono ritrovato di recente a pensare a quei momenti, mentre osservavo i volti scuri e tristi dei miei pazienti, immolati sull’altare spoglio della giustizia, la loro carne debole, i tormenti visibili a occhio nudo. Che nessuna mano saprà mai guarire.
7 Commenti
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Ma tu ti insinui con distacco nella carne dei tuoi pazienti in cerca di giustizia?
(nel momento in cui stavo per inviare, mi sono accorta che invece di “carne” avevo scritto “carte”…)
Immaginavo l’impossibile, all’apice di una entusiastica stagione.
Stagione di? Mi sono incuriosita.
Probabilmente vale più o meno per tutte le professioni: vado a fare il medico e salvo le vite umane, vado a fare l’avvocato e rendo giustizia agli oppressi, vado a fare l’insegnante e apro le menti alla bellezza del sapere, vado a fare il politico e cancellerò la corruzione… Poi subentra la vita e le cose vanno come vanno. Qualcuno si ricorda ancora di avere immaginato l’impossibile, qualcun altro non sa nemmeno più che un tempo ci sono state delle luci, a San Siro.
stavo per rispondere a Rachel. Poi è arrivato il commento di Barbara, che illumina più delle luci di San Siro.
Vedo che anche qui è la bacheca di Rachel e Barbara.
il tuo commento giunge a fagiuolo.